Da qualche mese, qui in casa, abbiamo decido di eliminare la macchinetta del caffè (che ha trovato collocazione in un altro posto) e di utilizzare la caffettiera classica.
Le motivazioni che ci hanno spinto sono state essenzialmente tre: le capsule sono piuttosto costose e poco ecologiche (realizzate quasi totalmente in plastica), in più il processo per differenziare i vari componenti – bratta e plastica, utile per non danneggiare il pianeta – è macchinoso e scomodo.
Prima di procedere con la sostituzione abbiamo acquistato una nuova caffettiera, anche in questo caso per più ragioni: quella che avevamo era molto consumata dopo cinque o sei anni di utilizzo, perdeva caffè da tutte le parti e non era molto capiente. Per via di queste considerazioni abbiamo optato per una caffettiera da sei persone, nuova, che teniamo come una reliquia. Abbiamo deciso di fare le cose per bene perché noi amiamo il caffè.
In più questo cambiamento mi ha permesso di riscoprire uno dei piccoli piaceri della vita che, per via dell’automatizzazione, avevo dimenticato.
Fare il caffè è un piacevolissimo esercizio di consapevolezza che permette di vivere il qui e ora. Prendersi qualche minuto libero per preparare una bevanda che si ama è un toccasana per lo spirito.
Bisogna concentrarsi bene sulla procedura: inserire l’acqua nella caldaia fino alla valvola, riempire il filtro di caffè senza farlo cadere, richiudere con cura il raccoglitore, asciugare la caffettiera prima di metterla sul fuoco, attendere il tempo necessario prima che il caffè salga e che il suo buon profumo di espanda per tutta la casa.
Una piccola cosa, che può e merita di essere fatta per bene. Una riscoperta di quanto può essere bello fare qualcosa di semplice, che però non è per nulla banale: anche questa, o meglio, soprattutto questa è vita.
