Ora che il caldo è passato e che si comincia a stare bene (circa 23°, stando al mio termostato) ho deciso che è giunto il momento di fare un po’ di manutenzione straordinaria della casa: il tutto si traduce con il pitturare ogni parete del mio open space.
Impresa ardua per una dilettante ma, da un certo punto di vista, piuttosto stimolante. Mi offre infatti l’opportunità di concentrarmi su ogni pennellata, di aggiustare gli errori di tinteggiatura passati e, questa volta, di fare meglio – grande metafora della vita.
Avevo pensato di acquistare alcuni materiali ma, in corso d’opera, mi sono resa conto che erano del tutto superflui e che potevo utilizzare quello che già possedevo – un rullo, qualche pennello di differente misura, uno scotch ritrovato in una scatola, i teli avanzati dall’ultima tinteggiatura.
Pitturare le pareti non significa solo pitturare le pareti. Vuol dire anche spostare ogni mobile presente in casa, togliere tutto per poi rimetterlo al suo posto – o in un posto diverso, come è successo questa volta. Vuol dire, quindi, rivalutare ogni cosa da un’altra prospettiva, ma non solo: significa riservare del tempo al luogo in cui si vive, avere una buona dose di pazienza e dedicare attenzione a quello che si ha.
Insomma, questa impresa che ha richiesto circa una settimana di duro lavoro mi ha lasciato molto.
- Mi ha fatto osservare da vicino tutto quello che ho, permettendomi di eliminare ciò che non mi serviva più
- Mi ha fatto scoprire nuovi modi di combinare ciò che già possiedo
- Mi ha insegnato che per fare un buon lavoro non serve obbligatoriamente la migliore attrezzatura
- Mi ha donato un bel senso di soddisfazione
- Mi ha lasciato con un braccio particolarmente dolorante e infiammato 😉
L’arte zen di pitturare le pareti, però, è anche questo: una settimana lontana dal mondo, dal lavoro, dagli schermi, dalle notizie. Sette giorni in cui ci sei tu e le pareti. Nient’altro.