Come anticipato nel mio articolo precedente dedicato al decluttering emotivo (che ti consiglio di recuperare per capire bene di cosa stiamo parlando), ci sono diversi aspetti della vita complessi, capaci di metterci in seria difficoltà e di sovraffollare la nostra mente con pensieri inutili e dannosi. Questi pensieri, poi, si rispecchiano nei nostri comportamenti che possono diventare disfunzionali e distruttivi.
Il decluttering emotivo, in questo caso, può aiutarci a fare ordine: eliminare ciò che va eliminato, modificare quello che è possibile cambiare e sostituirlo con qualcosa di diverso e più utile. In questo modo, tramite qualche strategia pratica, possiamo affrontare ogni cosa nella maniera più funzionale possibile.
Il rifiuto
Il rifiuto è l’emozione più dolorosa che l’essere umano possa provare. Gli studiosi hanno notato, tramite screening del cervello, che durante un qualsiasi tipo di rifiuto si attivano le stesse aree predisposte per il dolore fisico, indipendentemente da quanto piccolo e insignificante esso possa sembrare.
Il dolore emotivo del rifiuto, quindi, è estremamente simile a quello tangibile del corpo, tanto che le attivazioni neuronali sono le stesse (anche in caso di esclusione da parte di estranei e in situazioni di poco conto).
Inoltre, durante alcuni esperimenti, gli scienziati si sono resi conto di un’altra importante evidenza: le persone che lo hanno realmente provato sono propense a equiparare il rifiuto (lui solo, e nessun’altra emozione) al dolore provato durante il parto e/o durante le cure per il cancro.
Vivere dei rifiuti, però, è del tutto normale. Nel corso della vita può capitare più volte in differenti ambiti, dato che le sue declinazioni sono molte: rifiuti amorosi, rifiuti in campo lavorativo, con amici, parenti, ecc. Il miglior modo per contrastare il rifiuto, e imparare ad agire al meglio quando ci capita, è conoscerne a fondo le conseguenze per comprendere quali effetti specifici ha su di noi.
Quattro conseguenze del rifiuto
- Dolore psicologico – la ragione di questa scarsa sopportazione al rifiuto è evolutiva. In tempi remoti essere rifiutati significava andare incontro a morte certa; essere allontanati dal gruppo voleva dire non avere accesso al cibo, all’acqua, alla compagnia e alla protezione. Per tale motivo, ancora oggi, il cervello percepisce il rifiuto da parte delle persone come una grande minaccia, capace di minare la sopravvivenza. Anche se razionalmente ci rendiamo conto che essere rifiutati non comporti, in realtà, nessun pericolo per la sopravvivenza in senso stretto, il nostro cervello è ancora convinto che sia così e reagisce secondo questa convinzione. La razionalità e la logica, in questo caso, non sono di grande aiuto. La discrepanza fra quello che si pensa e quello che si sente è molta e il pensiero è poco consolatorio. Inoltre il rifiuto si fa particolarmente doloroso quando riguarda l’amore, in storie ben avviate, in storie appena cominciate o in storie che non hanno mai avuto inizio (la differenza fra le tre fasi, infatti, è abbastanza irrisoria da un punto di vista di “quantità” di dolore).
- Rabbia e aggressività – il rifiuto, soprattutto se subito più e più volte, porta a comportamenti aggressivi, spesso incontrollati. Spinge le persone a comportarsi come mai avrebbero fatto se non avessero collezionato una sfilza di rifiuti precedenti. Alcuni studi hanno dimostrato che le persone che avevano da poco subito un rifiuto erano più propense a perpetuare azioni sgradevoli verso gli altri, anche quando questi non c’entravano nulla con la situazione.
- Calo di autostima – ogni tipo di rifiuto viene tendenzialmente preso troppo sul personale, anche quando le sue ragioni non sono strettamente personali. Tale decisione da parte dell’altro viene attribuita esclusivamente alle proprie mancanze caratteriali o a passi falsi commessi. Da questo deriva un calo notevole della stima verso di sé, il rimuginio continuo sulla situazione e su quello che si poteva fare diversamente. Normalmente, però, il rifiuto non è così strettamente personale ma guidato da motivazioni più vaghe e con meno giudizio di quanto si tenda a credere.
- Senso di appartenenza minacciato – in quanto umani, per natura, avvertiamo il bisogno di essere accettati dagli altri. Quando questo non avviene per lunghi periodi di tempo o in maniera ripetuta il nostro bisogno resta insoddisfatto e ci possono essere ripercussioni notevoli dal punto di vista mentale e fisico.
Come gestire il rifiuto
Leggendo le conseguenze principali del rifiuto ti sarai accorto che ci sono meccanismi che metti in atto più di altri, tendendo magari a colpevolizzarti eccessivamente o, al contrario, a diventare molto aggressivo nei confronti altrui.
In qualunque caso si può imparare a gestire il rifiuto in maniera migliore al fine di ridurre il dolore emotivo ed evitare di crogiolarsi eccessivamente nell’evento negativo. Come ho detto prima i rifiuti capitano e capiteranno sempre. Essere preparati e saper cosa fare è quindi estremamente utile per il proprio benessere emotivo.
Controbattere alle critiche per lenire il dolore psicologico
Dopo aver subito un rifiuto la tentazione di darsi addosso è tanta, quasi incontrollabile, e si tende a generalizzare e a personalizzare eccessivamente il rifiuto con una serrata autocritica.
Tuttavia questa tendenza può essere tenuta sotto controllo e limitata controbattendo alla propria voce critica adottando un punto di vista più comprensivo. Meglio essere eccessivamente indulgenti in caso di rifiuto che eccessivamente critici verso se stessi.
In poche parole è necessario crearsi un’idea più equilibrata delle ragioni del rifiuto, imparando a controbattere a quelle autocritiche che tendiamo a farci.
Ora vediamo qualche esempio di controargomentazioni che possono aiutarti a farti un’idea più equilibrata e sana del rifiuto, suddivise per campi dove il rifiuto è più frequente:
Rifiuto amoroso – che tu ci creda o no il rifiuto amoroso è una questione molto meno personale di quanto credi e quasi mai è legato a difetti o gravi mancanze della parte rifiutata. Nella maggior parte dei casi è una questione di semplice alchimia. Ci sono moltissimi motivi per cui qualcuno possa aver deciso di rifiutarti:
- Semplici canoni estetici, magari non sei il suo tipo perché preferisce le persone more o bionde.
- La persona in questione sta affrontando una crisi personale.
- Non c’è compatibilità tra gli stili di vita.
- La persona in questione ti reputa troppo “perfetto” e teme il confronto con te.
- Non è propensa a relazioni stabili, o non se la sente al momento.
- Ha una bassa autostima e teme di non essere all’altezza della situazione.
- Le tempistiche non sono delle migliori, perché è appena uscita/o da una storia impegnativa.
In tutti questi e anche in molti altri casi, il rifiuto non ha niente a che fare con le nostre caratteristiche, con il nostro carattere, con potenziali difetti o con qualcosa che abbiamo fatto.
Rifiuto lavorativo – a volte non otteniamo un lavoro che desideriamo tanto o magari le nostre candidature non vengono direttamente considerate. In questi casi tendiamo a pensare che sia tutta colpa nostra, che le nostre competenze siano scarse. Se arriviamo al colloquio, invece, tendiamo a pensare di aver detto qualcosa di terribilmente sbagliato, di dare una brutta impressione e di aver sicuramente fatto cambiare idea in quel momento al datore di lavoro perchè siamo troppo ansiosi e incompetenti. I motivi, però, possono essere altri:
- A volte i datori di lavoro pubblicando candidature per posti che sanno già a chi assegneranno.
- Cercando qualcuno con qualche abilità specifica.
- Cercano qualcuno con una particolare esperienza pregressa.
- Hanno pregiudizi legati a posti di lavoro precedenti, università o luoghi geografici di appartenenza.
Anche in tutti questi casi il rifiuto non dipende da un nostro errore, ma solo da fattori esterni a noi. La prossima volta, mentre ti stai distruggendo di critiche spietate, prova a controbattere alla tua voce interna con argomentazioni di questo tipo. Nella maggioranza dei casi sono vere ed essere rifiutati non dipende da noi.
Quindi:
- Scrivi tutte le critiche che formuli verso te stesso.
- Ribatti con una controargomentazione personalizzata in base alla situazione.
- Scrivi la controargomentazione in maniera chiara.
Risvegliare l’autostima
Un modo per superare il rifiuto consiste nell’aumentare l’autostima e la fiducia in se stessi prendendo atto di tutte quelle caratteristiche desiderabili che si possiedono, dei punti forti del proprio carattere e delle proprie capacità.
In questo caso puoi cominciare a lavorare sulla tua autostima con un piccolo esercizio:
- Elenca per iscritto 5 caratteristiche che apprezzi, che possiedi e che per te sono importanti relative all’ambito del rifiuto.
- Mettile in ordine di importanza in base al tuo punto di vista.
- Scegline due delle prime tre e scrivi un breve componimento indicando perché quella qualità è importante per te, come influisce sulla tua vita e perché è una componente importante dell’immagine di te.
Ritrovare il senso di connessione sociale
La connessione sociale ha la capacità di alleviare lo stress di ogni tipo, soprattutto a seguito di un rifiuto, perché ci ricorda che abbiamo relazioni autentiche e significative. Questo ci aiuta a ridurre notevolmente il nostro livello di rabbia e frustrazione.
Inoltre un rifiuto può consentirci di riflettere sulla nostra cerchia sociale e di comprendere quello che desideriamo e che è meglio per noi, consentendoci di individuarlo e di trovarlo. Se qualcuno all’interno della nostra cerchia ci ha rifiutato – in tutti gli ambiti, dal lavoro alla sfera affettiva – significa che probabilmente, in realtà, non si armonizza con quello che siamo, con i nostri valori o con il nostro stile di vita.
In qualunque caso, dopo un rifiuto, passare del tempo con le persone che si amano e di cui ci si fida aiuta. È stato dimostrato che anche uno scambio di poche battute con uno sconosciuto ha la capacità di alleviare la rabbia e il dolore emotivo, quindi il potere di questa pratica con qualcuno che si apprezza è ancora più forte. Attenzione, però, a chi scegli: un incontro a due con un amico non particolarmente empatico o interessato alla tua sfera emotiva ti sarà meno d’aiuto, perché la tendenza umana è quella di minimizzare il dolore altrui.
Cosa fare, invece, quando non si ha la possibilità di ritrovare il senso di connessione sociale uscendo fisicamente con qualcuno? Si può ricorrere a degli “snack sociali”: le fotografie delle persone care, ad esempio, aiutano a mantenere più alto l’umore. Anche il semplice rievocare con la mente episodi positivi vissuti con le persone che si amano ha la stessa funzione, così come leggere email e lettere significative oppure guardare dei video. Anche gli oggetti fisici, come i regali fatti da persone che apprezziamo, hanno la capacità di aiutare e creare un senso di connessione sociale.
Nota: consigli tratti dal libro Pronto intervento emozioni di Guy Winch edito da Erikson.
